venerdì 4 aprile 2008

Ricordo di Don Milani.





Linee di una pedagogia di Manuela Robazza*


"Stasera ho provato a mettere un disco di Beethoven per vedere se posso ritornare al mio mondo e alla mia razza e sabato far dire a Rino: – Il priore non riceve perché sta ascoltando un disco –. Volevo anche scrivere sulla porta – I dont care più – , ma invece me ne care ancora molto." (Lettera di Don Milani a Francuccio Gesualdi, 4 aprile 1967).
Quarant’anni fa moriva don Milani: con lui è morta anche la sua pedagogia? Cosa farebbe il priore di Barbiana, se si trovasse a vivere nell’Italia del terzo millennio? Troverebbe ancora qualcuno disposto a lasciarsi affascinare dal suo I care?

“Sto disfacendo la scuola. Ho mandato i più grandi a lavorare. Non prendo più ragazzi nuovi. Ho ancora una decina di ragazzi a cui faccio scuola qui in camera. Oppure quando son stanco si fanno scuola l'un l'altro nell'aula che comunica con questa camera. Allora la mia attività pedagogica consiste solo in qualche urlaccio per tenerli buoni. Ho una leucemia e non voglio morire stupidamente sulla breccia con ragazzi immaturi mezzo educati e mezzo no. Così sto organizzando da un anno un ragionevole e riposante tramonto. Mi godo i figlioli riusciti e i loro bambini.” Scrive don Lorenzo nel marzo 1966, morirà il 24 giugno 1967. Alla sua morte, dopo tredici anni di una specie di meravigliosa rivoluzione, Barbiana torna a essere deserta e silenziosa come prima. Il priore non viene rimpiazzato, la scuola non continua, le porte vengono chiuse. Ma la Lettera a una professoressa è stata pubblicata, il seme è stato gettato e la provocazione genera, se non altro, la rivalutazione del pensiero pedagogico di don Milani e il desiderio di approfondirlo. Certo, quarant’anni sono molti, l’Italia è cambiata, sono cambiati i ragazzi, è cambiata la scuola, ma non è cambiato il bisogno di conoscere, di capire, di comunicare.
Oggi si usa dire che siamo in ‘emergenza educativa’ e l’esperienza di don Milani può contribuire ad affrontare questa emergenza nella misura in cui se ne colgono i criteri universali, validi nonostante l’abissale cambiamento.
Il primo criterio che varrebbe la pena rivalutare e riproporre, è la capacità di rendere la scuola interessante. Il 13 agosto del 1959 don Milani scrive alla madre, stanco morto per le nuove visite e lezioni: “Stamani due preti a cui ho fatto far lezioni di canto. E stasera un giovane fotografo che ci ha insegnato lo sviluppo e la stampa. Abbiamo finito in questo momento e sono già le 9, tutti i ragazzi han provato a fotografare e poi sviluppare e fissare le loro foto. Tutti contentissimi naturalmente…”. In un’altra lettera, sempre alla madre, dirà: “Ti ho detto che abbiamo ammazzato una vipera qui sulla strada nel fosso dei tigli? Là dove stiamo a scuola d’estate. Prima di ammazzarla abbiamo avuto il tempo di studiarla tutti ben bene tenendola ferma sotto un bastone. Abbiamo confrontato tutti i libri che abbiamo e non c’è dubbio. È uno degli effetti dello spopolamento…”.

Imparare a Barbiana: l’ambiente, la vita, il gruppo
A Barbiana la scuola inizia alle 8 di mattina e finisce che è buio. Qualcuno preferisce chiamarla ‘comunità’. Il maestro è fondamentale, certo, ma altrettanto fondamentale è il clima che tutti insieme si riesce a creare. I più grandi insegnano ai più piccoli, se qualcuno rimane indietro ci si ferma tutti, i traguardi di uno sono traguardi di tutti. Don Milani scommette sull’efficacia del clima, dell’ambiente capace di veicolare valori senza bisogno di teorie, un ambiente in cui don Lorenzo per primo è testimone di coerenza, di giustizia, di vangelo vissuto.
Altro grande elemento della pedagogia di don Milani è l’attenzione alla vita, all’attualità, alle cose che succedono, a Barbiana, in Italia, nel mondo. Così è nata la Lettera ai giudici. Ascoltiamo uno dei ragazzi di allora: “Tutti i pomeriggi, subito dopo mangiato, leggevamo la corrispondenza e il giornale. In quell’occasione il comunicato dei cappellani fu messo in evidenza. Tutta la rete di relazioni che ruotava attorno alla Comunità di Barbiana fu mobilitata. […] Bisognava cercare verità oggettive. La legge doveva cambiare”. Don Milani ebbe l’arte di aiutare i ragazzi a sentirsi parte viva del loro tempo.
Un altro criterio che vale la pena di valorizzare ancora è il gruppo. Lettera a una professoressa nasce come produzione di gruppo, come scrittura collettiva. Leggiamo a pagina 126: “Noi dunque si fa così: Per prima cosa ognuno tiene in tasca un notes. Ogni volta che gli viene un'idea ne prende appunto. Ogni idea su un foglietto separato e scritto da una parte sola. Un giorno si mettono insieme tutti i foglietti su un grande tavolo. Si passano a uno a uno per scartare i doppioni. Poi si riuniscono i foglietti imparentati in grandi monti e son capitoli […] Coi nomi dei paragrafi si discute l'ordine logico finché nasce uno schema […] Comincia la gara a chi scopre parole da levare, aggettivi di troppo, ripetizioni, bugie, parole difficili, frasi troppo lunghe, due concetti in una frase sola. Si rifiutano i consigli di prudenza. Dopo che s'è fatta tutta questa fatica, seguendo regole che valgono per tutti, si trova sempre l'intellettuale cretino che sentenzia: ‘Questa lettera ha uno stile personalissimo’. Dite piuttosto che non sapete che cosa è l'arte. L'arte è il contrario di pigrizia. Anche lei, non dica che le mancano le ore. Basta uno scritto solo in tutto l'anno, ma fatto tutti insieme”. Tutti insieme, perché il gruppo ha una forza strategica.

Il segreto di don Milani
Ma che cosa è veramente attuale della pedagogia di don Milani, oggi? I care rischia di non attirare un gran che, gli interessi dei giovani sono infatti lontanissimi dalla scuola o dai valori della vita; il gusto di imparare, di saper argomentare, di saper leggere l’attualità e interpretarla è sempre più raro anche negli adulti… Cosa potrebbe ‘tenere’ della sua pedagogia don Milani, se potesse tornare a Barbiana oggi? Penso che il suo segreto sia racchiuso in questa frase: “Ho voluto più bene a voi [ragazzi, n.d.r.] che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto” [da Lettere di don Lorenzo Milani, priore di Barbiana].
Don Milani ha amato infinitamente i ragazzi, ha creduto in loro, ha fatto percepire loro un’immensa fiducia. È il suo segreto ed è tuttora attualissimo. I ragazzi, infatti, hanno una sete infinita di affetto, di sentirsi amati, di essere accompagnati nel difficile cammino della vita, ma non hanno le parole per dirlo, così si ritrovano sempre più soli e abbandonati. Don Milani è attualissimo in questa passione per i ragazzi che lo portò a scrivere: “Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro poche decine di creature, troverai Dio come un premio”. È il suo segreto, certamente vincente anche oggi… provare per credere.

*Religiosa salesiana, ha insegnato Lettere nei licei ed è stata caporedattore di «Primavera mondo Giovane», rivista per adolescenti fondata nel 1950 dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Attualmente è responsabile nazionale di Pastorale Giovanile e vicepresidente nazionale del Forum degli Oratori Italiani.

Pubblicato il 14/12/2007
U.R.L. ( http://www.treccani.it/site/Scuola/Zoom/donmilani/7.htm )

http://it.youtube.com/watch?v=gGuO2VuP91g

http://it.youtube.com/watch?v=CE3b7-pHpj0


http://it.youtube.com/watch?v=_PSi6gxZ8tY&feature=related

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